Articolo di Commento: Corte di Cassazione Ord. 27/06/2024 n. 17703

Non è responsabile professionalmente il medico che ha proceduto ad un intervento altamente invasivo di lobectomia inferiore del polmone sinistro senza preventivamente interpellare il paziente sulla ritenuta opportunità di variare le modalità dell’intervento rispetto a quanto concordato.
Le ragioni della corte si fondano sul fatto che l’azione proposta dal paziente è stata ritenuta finalizzata esclusivamente al risarcimento del danno alla salute.
I FATTI E L’ITER GIUDIZIARIO
Nel 2003 il paziente si era affidato al medico per l'asportazione di un nodulo al torace concordando un intervento in endoscopia.
Il paziente ricoverato presso l'unità toracica dell'Azienda ospedaliera invece della programmata endoscopia, venne sottoposto ad altro intervento: il medico nel riscontrare un nodulo lo asportò sulla base di un mero esame visivo senza richiedere l'esame istologico immediato e, per asportare il nodulo, procedette all'asportazione dell'intero lobo del polmone sinistro.
Una volta esaminato il nodulo asportato, esso si rivelò di origine non tumorale, risalente probabilmente al trauma riportato anni prima dal paziente che in passato aveva conseguito la frattura di due costole.
Il paziente agì nei confronti del medico e dell’azienda sanitaria per chiedere ristoro, “ritenendo di essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico inutile nella sua complessità, devastante sotto il profilo delle conseguenze estetiche e con rilevanti conseguenze fisiche permanenti, in quanto la sua capacità polmonare si era considerevolmente ridotta, e di conseguenza la capacità di svolgere normale attività lavorativa, fisica e sociale ne risultava danneggiata.
Allegava quindi di essere stato sottoposto ad una operazione inutile, riportando una menomazione permanente.”
DECISIONE TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
Il tribunale accoglieva le domande del paziente. ritenendo imprudente e negligente l'approccio diagnostico e terapeutico del medico, oltre che in violazione del principio del consenso informato.
Il paziente considerando irrisorio l’importo definito a titolo di risarcimento decise di procedere in appello.
LA CORTE D’APPELLO
Secondo la Corte d’appello, la domanda di risarcimento danni per violazione del diritto al consenso informato era assorbita dalla domanda del paziente.
La corte riteneva che l'azione proposta dal paziente fosse stata chiaramente indirizzata ad ottenere il risarcimento del danno alla salute subìto per effetto dell'intervento chirurgico, quindi ad ottenere il risarcimento per equivalente in relazione alla errata esecuzione dell'intervento.
Pertanto la somma a titolo di risarcimento considerava sia il danno alla salute che il danno per violazione del consenso informato.
La Corte d'appello confermava il rigetto della domanda volta ad ottenere il risarcimento di un'autonoma posta di danno da violazione del diritto al consenso informato, ritenendo che non fosse stata proposta una domanda autonomamente finalizzata al mero risarcimento del diritto all'autodeterminazione anche in assenza di qualsiasi pregiudizio alla salute.
Il paziente decise di ricorrere in Cassazione.
CASSAZIONE
Il paziente con il ricorso in Cassazione affermava
che aveva prestato il consenso, sottoscrivendo un modulo del tutto generico, a una operazione endoscopica e che è stato sottoposto invece, senza essere preventivamente consultato e senza alcuna necessità, a una complessa operazione chirurgica con apertura del torace ed asportazione di un lobo polmonare, con successiva formazione di una lunghissima e vistosa cicatrice, che gli attraversa tutto il torace.
Il ricorrente segnala di aver più volte, in primo grado e poi in appello, affermato di aver comunque diritto al ristoro di una autonoma posta di danno, non essendo stato rispettato il suo diritto ad avere una adeguata informazione sul trattamento operatorio.”
La cassazione ha rigettato il motivo di ricorso.
La Corte territoriale non aveva negato la responsabilità professionale del medico, che ha proceduto ad un intervento altamente invasivo di lobectomia inferiore del polmone sinistro senza preventivamente interpellare il paziente sulla ritenuta opportunità di variare le modalità dell'intervento rispetto a quanto concordato.
Tuttavia la corte territoriale ha sottolineato che il paziente aveva proposto un'azione finalizzata esclusivamente al risarcimento del danno alla salute riportato per effetto dell'intervento chirurgico esageratamente invasivo al quale è stato sottoposto. In tale contesto si inseriva come “obbligo accessorio rimasto inadempiuto, e pertanto concorrente a determinare l'inadempimento, l'inadeguata informazione preoperatoria, che non dà diritto ad una autonoma posta risarcitoria ma che è stata tenuta in conto nel valutare l'inadempimento del medico e le sue conseguenze sulla persona del paziente.”
La cassazione pertanto ribadisce quanto già definito nei precedenti gradi.
CONCLUSIONI
Il paziente non avendo mai introdotto un’autonoma azione in riferimento alla lesione del proprio diritto all'autodeterminazione ( violazione del consenso informato), ma esclusivamente in riferimento alla violazione del diritto salute, non poteva richiedere autonomo risarcimento. Tale circostanza aveva invece concorso nella determinazione nell’inadempimento relativo alla lesione del diritto alla salute.
Questa decisione sottolinea la differenza e l’autonomia fra diritto alla salute e diritto all’autodeterminazione.
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