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La Corte Suprema di Cassazione condanna il medico per violenza sessuale. Visita ginecologica in assenza di consenso informato. Violazione del diritto all'autodeterminazione.

Articolo di Commento: Corte di Cassazione, Sezione 3, Penale, Sentenza del 30 dicembre 2024 n. 47582.

La sentenza riguarda un ricorso presentato un medico di medicina generale, condannato per violenza sessuale ai danni di una paziente. La vicenda risaliva al 22 settembre 2017, quando il medico, durante una visita per un presunto problema di gonfiore allo stomaco, aveva effettuato una visita ginecologica non richiesta e non concordata con la paziente.


Secondo la ricostruzione dei fatti, il medico:

  1. Aveva proceduto a un esame delle urine.

  2. Aveva chiesto alla paziente di sdraiarsi sul lettino.

  3. Aveva abbassato i pantaloni della donna.

  4. Aveva introdotto un dito nella vagina della paziente, nonostante questa avesse un tampone mestruale.

  5. Aveva giustificato l'azione con la necessità di controllare le ovaie.


La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per violenza sessuale, respingendo le argomentazioni difensive dell'imputato. In particolare, la Corte ha sottolineato che:


  • Il medico non ha ottenuto un consenso informato;

  • Non ha spiegato alla paziente le ragioni dell'esame intimo;

  • Ha agito in modo repentino e invasivo.


Massima Ufficiale:

“In tema di violenza sessuale, l'errore sul consenso dell'avente diritto al compimento, da parte del medico, di atti costituenti espressione della professione sanitaria, che, nel corso di una visita, incidano sulla sua libertà sessuale, rileva, ai sensi dell'art. 59, comma quarto, cod. pen., a condizione che il soggetto agente abbia previamente fornito al paziente informazioni complete, aggiornate e comprensibili sulle modalità e sulle ragioni del trattamento da compiere, tali da consentirgli un effettivo esercizio del diritto di autodeterminarsi.”


La Corte Suprema di Cassazione, nella sentenza in oggetto, delinea con precisione i requisiti strutturali del consenso informato, elevandolo a elemento sostanziale di legittimità dell'azione medica. Il principio cardine interpretato è che il consenso non può essere meramente formale, ma deve configurarsi come un'autodeterminazione consapevole, fondata su un'informazione completa, aggiornata e comprensibile.


Fra gli elementi rilevanti della sentenza vi sono:


  1. La sussistenza dell'elemento soggettivo del reato;

  2. La violazione del consenso informato come fattispecie di violenza sessuale;

  3. L’abuso della posizione di autorità quale circostanza aggravante.

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