Articolo di Commento: Cassazione Penale n. 17164/2024
La recente sentenza n. 17164 della Corte di Cassazione rappresenta un importante capitolo nella giurisprudenza italiana riguardante l'esercizio abusivo della professione odontoiatrica. La decisione coinvolge due imputati, A.A. e B.B., rispettivamente nipote e zio, con A.A. accusato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra e B.B. di concorso nello stesso reato, nonché di violazione dei sigilli su locali sequestrati e furto di ricettari medici.
I FATTI
La vicenda ha avuto origine con la sentenza del Tribunale di Udine, parzialmente riformata dalla Corte d'Appello di Trieste, che ha riconosciuto la colpevolezza degli imputati e ha rideterminato le pene, escludendo le circostanze attenuanti generiche precedentemente riconosciute.
La Corte ha stabilito che A.A., odontotecnico, con il concorso dello zio B.B., odontoiatra, ha svolto attività riservate esclusivamente a professionisti abilitati, quali:
– diretta rilevazione delle impronte dentarie di un paziente da parte di un odontotecnico (attività riservata esclusivamente all’odontoiatra);
– ispezionare la cavità orale del paziente per verificare le condizioni di una protesi, rientrando tale operazione in quelle riservate all’odontoiatra giacché si risolve in un rapporto diretto con il paziente medesimo;
– nella installazione direttamente da parte dell’odontotecnico di una protesi dentaria, operazione che, comportando manovre all’interno del cavo orale del paziente, gli è preclusa essendo riservata per legge al medico dentista;
– nella installazione da parte dell’odontotecnico di una protesi dentaria (limando monconi, fissando viti ai perni, rilevando impronte ed infine fissando detta protesi), posto che per tale figura professionale è preclusa qualunque manovra presso il cavo orale di un paziente, ed è solo consentita la realizzazione di protesi modellate su impronte rilevate da un medico o da un odontoiatra abilitato.
REATO: Art. 348 cod. pen. - Esercizio abusivo di una professione.
Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.
Gli imputati hanno presentato ricorso, lamentando vari vizi di motivazione e violazioni di legge.
LA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando senza rinvio la pena accessoria della trasmissione della sentenza all'Ordine professionale competente; nel resto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
La decisione della Cassazione offre importanti chiarimenti su vari aspetti del diritto penale italiano:
1.Esercizio Abusivo della Professione: La Corte ha ribadito che le attività svolte da un odontotecnico che includono la rilevazione di impronte dentarie, la lavorazione di protesi all'interno del cavo orale del paziente, e la prescrizione di farmaci, costituiscono esercizio abusivo della professione odontoiatrica, riservata per legge agli odontoiatri abilitati.
2. Concorso nel Reato: La responsabilità del coimputato B.B. è stata confermata sulla base della sua collaborazione con A.A. nello svolgimento delle attività illecite, rafforzando il principio che il concorso nel reato può configurarsi anche con la semplice agevolazione dell'attività abusiva da parte di un professionista abilitato.
La Suprema Corte ha ribadito l'importanza della distinzione tra le competenze riservate ai diversi professionisti sanitari e rafforza i principi di legalità e giustizia, garantendo che le attività mediche siano svolte solo da personale adeguatamente abilitato, a tutela della salute pubblica.
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