La sentenza n. 10658/2024 della Corte di Cassazione, Sez. IV Penale ha deciso sulla responsabilità penale del farmacista in riferimento all’uso off-label dei farmaci dimagranti.
I FATTI
Nel mese di marzo 2015 una giovane donna si rivolgeva al titolare di una farmacia noto anche per l’esercizio di fatto della attività di dietologo per iniziare una dieta nonostante pesasse 60 chili e fosse alta 1,72. Il sanitario assicurava un trattamento che avrebbe consentito una rapida perdita di peso.
Nell’occasione non veniva espletata una visita medica né venivano disposte analisi di laboratorio né predisposta una vera e propria dieta con l’indicazione dei pasti e le relative quantità. Il trattamento dimagrante era costituito unicamente dalla somministrazione di pillole preparate dal farmacista con assunzione prima dei pasti principali (quattro al mattino, quattro prima di pranzo e quattro prima di cena). La confezione di prodotto aveva un costo di circa 250 euro.
Secondo il farmacista il trattamento avrebbe eliminato le calorie introdotte con il cibo ed avrebbe assicurato il dimagrimento a prescindere da ciò che la paziente mangiava.
La giovane già nell’immediatezza del trattamento avvertiva una perdita totale dell'appetito, una continua sete, conati di vomito ed un senso di spossatezza tale da alterare negativamente la qualità della vita al di là del dimagrimento registrato. Il farmacista informato dei disturbi consigliava di continuare il trattamento, ma i sintomi evolvevano in senso peggiorativo con dissenteria, vomito, paralisi degli arti inferiori, delle mani, della testa, interruzione del ciclo, perdita dei capelli.
I primi giorni del mese di luglio 2015 la paziente veniva così ricoverata presso una struttura sanitaria dalla quale, viste le gravi condizioni, veniva trasferita per essere infine dimessa molti giorni dopo sebbene provata e non ancora in buone condizioni di salute.
Una volta dimessa, non era ancora in buone condizioni di salute; nel mese di settembre si recava per una consulenza da un medico che dopo aver visionato la cartella clinica esprimeva le sue valutazioni confluite poi in una relazione tecnica.
Nel corso dell’istruttoria veniva accertato che le pillole vendute contenevano oltre a diuretici e vitamine, efedrina (sostanza solitamente usata per la cura dell'asma ma che nelle diete agisce aumentando il metabolismo cellulare e stimolando la secrezione di catecolamine) e naxeltrone (che é un antagonista degli oppiacei e che riduce l'attività dei centri cerebrali che controllano la sensazione di piacere collegata all'ingestione del cibo ma che é anche fortemente epatotossico e va dunque somministrato solo in caso di assoluta necessità): si trattava di farmaci "of label" senza alcuna valutazione del rapporto tra costi e benefici, senza adeguata valutazione clinica, senza ricetta, al di fuori dei canoni previsti dalla legge 94/98 (c.d. legge Di Bella) e del Codice deontologico. Il soggetto inoltre, essendo un farmacista, non era neanche abilitato a somministrarli.
LE PRONUNCE
Il Giudice di primo grado ha ritenuto la sussistenza del reato di lesioni colpose ravvisando la sussistenza del nesso di causalità tra il trattamento somministrato e le lesioni patite.
Avverso la sentenza di primo grado il farmacista ha proposto ricorso per cassazione, tuttavia la Cassazione ha ribadito la pronuncia del giudice di primo grado stabilendo inoltre:
- il termine per proporre la querela inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa sia venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata (Cassazione, sez. IV: n. 35424 del 11/11/2020 e n. 21527 del 2015).
La paziente aveva potuto acquisire la consapevolezza della riconducibilità del fatto lesivo all’imperizia del farmacista soltanto in occasione della consegna della cartella clinica, avvenuta a distanza di parecchi mesi dalla manifestazione della sintomatologia.
- la prescrizione inizia a decorrere dal momento dell’insorgenza della malattia “in fieri”, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente (Cassazione, sez. IV: n. 18347 del 29/04/2021; n.44335 del 11/10/2016 e n.8904 del 08/11/2011).
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