Articolo di Commento: Cassazione Civile - Sez. III - ordinanza n. 5922/2024
Nell'ordinanza n. 5922/2024 la Cassazione ribadisce le regole di riparto dell'onere probatorio in caso di richiesta risarcitoria da errore medico in ragione di un rapporto di natura contrattuale.
I FATTI
Il paziente chiama in causa l’Azienda Sanitaria Locale di Torino e deduce che:
L’8 febbraio 2011 si sottoponeva a intervento per ipertrofia prostatica e in occasione dell’intervento era stata praticata una anestesia spinale con bupivacaina nello spazio vertebrale L2-L3.
il giorno 8 febbraio 2011, si era sottoposto ad intervento chirurgico per ipertrofia
prostatica presso il reparto di Urologia della struttura ospedaliera facente capo alla convenuta;
in occasione di tale intervento, gli era stata praticata una anestesia spinale con bupivacaina nello spazio vertebrale L2-L3;
la manovra di anestesia, praticata in maniera erronea e imperita da parte dell'anestesista, gli aveva provocato vivo dolore seguìto da una specie di scossa elettrica;
nel successivo mese di marzo, accusando disturbi alla spalla destra e difficoltà respiratorie, si era dovuto recare due volte al Pronto Soccorso e si era sottoposto a diverse visite ortopediche e neurologiche sinché, in data 18 aprile 2011 (a poco più di due mesi dall'intervento), gli era stata diagnosticata la paralisi del nervo ascellare destro e dell'emidiaframma sinistro "da verosimile reliquato di anestesia", pur in presenza di preesistente erniazione cervicale;
a causa di tale evento lesivo, aveva patito conseguenze dannose di carattere sia patrimoniale che non patrimoniale.
Sulla base di queste deduzioni, l'attore domandava che ASL fosse condannata a risarcirgli i danni subìti in conseguenza dell'inesatta esecuzione della prestazione che formava oggetto dell'obbligazione.
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO – TRIBUNALE DI TORINO
Il Tribunale di Torino accoglieva la richiesta risarcitoria liquidando al paziente l’importo di euro 29.203,15
GRADO DI APPELLO
La Corte di appello accoglieva l'impugnazione dell’ASL sulla base dei seguenti rilievi:
il paziente non aveva fornito la prova del nesso causale tra la condotta dei Sanitari e il danno lamentato non avendo formulato neppure prova testimoniale per dimostrare l’asserita condotta imperita dell’Anestesista (in particolare, la circostanza che il detto medico avrebbe introdotto l’ago due volte per riposizionarlo più in alto, confessando all’infermiera presente di avere sbagliato), e l’effettività dello stress algico quale concausa dell’irritazione radicolare e della sofferenza neurologica.
la mancata prova del nesso eziologico non poteva essere desunta in via presuntiva anche considerando che il CTU in sede di ATP ne aveva "costantemente lamentato la mancata verificazione attraverso significativi riscontri probatori o documentali" e si era "sistematicamente espresso in termini puramente ipotetici e di mera probabilità":
individuando la manovra di anestesia "come possibile fattore favorente l'irritazione radicolare che (avrebbe potuto) avere determinato poi la sofferenza nervosa del nervo circonflesso destro e frenico sinistro";
precisando che, "da un punto di vista anestesiologico, si era trattato, se effettivamente verificato, con elevata probabilità, di una deviazione laterale nella progressione dell'ago da anestesia sub aracnoidea con contatto della punta sulle superfici articolari laterali", ciò che avrebbe potuto evocare "vivo dolore con reazione in estensione del tronco e del collo", di intensità tale da "non poter essere causa di un'erniazione acuta cervicale", ma "al più, di una progressione della patologia degenerativa preesistente con flogosi locale e conseguenti disturbi neurologici più accentuati";
ed evidenziando che l' "errata anestesia spinale" è citata nei testi di anestesiologia come "complicanza" dipendente da "inavvertita deviazione laterale o da una rotazione della vertebra sul piano sagittale", sicché essa non sarebbe di per sé indice di condotta clinica imperita;
Secondo la Corte d’appello le cui argomentazioni della CTU avrebbero precluso un "verosimile giudizio secondo il criterio del "più probabile che non"".
A questa circostanza doveva inoltre aggiungersi la circostanza che la cartella clinica non riportava "alcuna utile indicazione idonea a verificare quanto accaduto nel corso della manovra
anestesiologica".
RICORSO CASSAZIONE
Il paziente lamenta in Cassazione che la Corte di Appello avrebbe erroneamente sovrapposto due elementi distinti della responsabilità (condotta e nesso causale materiale) e della loro diversa prova.
Le censure sono entrambe fondate e la sentenza è stata cassata con rinvio.
ONERE PROBATORIO – RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE:
In presenza di una responsabilità contrattuale, l’onere probatorio viene ripartito come segue:
PAZIENTE: Il paziente deve provare, anche con presunzioni il nesso causale tra la condotta medica ritenuta erronea e il danno subito.
STRUTTURA SANITARIA: La struttura deve invece dimostrare la correttezza della condotta medica o che l'inadempimento è stato determinato da una causa non imputabile.
Non spetta quindi al paziente che chiede il risarcimento dei danni subiti dimostrare l'errore medico: la Corte di Appello ha infatti ritenuto erroneamente il paziente onerato della prova dell'inadempimento della struttura sanitaria.
ACCERTAMENTO NESSO CAUSALE
I Giudici di Appello hanno, inoltre, indebitamente omesso di procedere all’accertamento del nesso causale materiale sulla base del criterio del più probabile che non.
Gli Ermellini rammentano che la regola della preponderanza dell’evidenza, o del più probabile che non, si specifica in 2 criteri distinti:
Regola del più probabile che non: il Giudice valuta se una certa condotta (attiva od omissiva) possa essere considerata causa di un evento dannoso sul rilievo che le probabilità che l’evento contestato sia la conseguenza di quella condotta risultano maggiori delle probabilità che non lo sia.
Criterio della prevalenza relativa: il Giudice valuta se la probabilità che una certa condotta sia la causa di un evento dannoso prevalga sulla probabilità che lo siano tutte le altre cause alternative o le possibili concause teoricamente esistenti.
In particolare, se l’evento dannoso è ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, in applicazione progressiva dei 2 criteri, il Giudice deve:
In primo luogo eliminare dalle ipotesi valutabili quelle meno probabili
In secondo luogo, deve analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili
Infine, il Giudice deve scegliere tra esse quella che abbia ricevuto il maggior grado di conferma, assumendo la veste di probabilità prevalente.
Pertanto il Giudice avrebbe dovuto formulare il giudizio probabilistico tenendo conto, oltre che delle allegazioni del paziente, degli elementi di prova documentali da forniti dal paziente stesso e delle risultanze della CTU che aveva individuato la manovra di anestesia “come possibile fattore favorente l’irritazione radicolare”.
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