Articolo di Commento: Corte di Cassazione Ord. 13/09/2024, n. 24656
Se il paziente lamenta responsabilità per inadempimento della obbligazione assunta di effettuare un intervento chirurgico, questa domanda è implicitamente estesa a tutto ciò che in quell’intervento, ossia nella prestazione assunta, è ricompreso ( es. anche il post- intervento).
Se invece il paziente stipula un differente contratto con la struttura sanitaria, per esempio in riferimento ad un altro ed ulteriore intervento: cambia altresì il fatto, ossia cambia l’insieme delle prestazioni cui la struttura si obbliga.
La corte pertanto afferma che non vi può essere identità di domande, né può dirsi che l’una è implicita nell’altra, se esse fanno valere due inadempimenti diversi, in quanto relativi a prestazioni oggetto di diversi contratti.
I FATTI
La paziente veniva ricoverata presso una struttura ospedaliera dall’11 novembre 2010 al 23 novembre 2010 e veniva sottoposta a intervento chirurgico di protesi totale all’anca destra.
Successivamente, il 13 dicembre 2010 il paziente si presentava al pronto soccorso del medesimo ospedale lamentando di aver contratto un’infezione, manifestata da lieve febbre, a causa del precedente intervento chirurgico.
In questa seconda occasione venivano effettuati esami volti a individuare le cause dell’infezione, e veniva effettuata la medicazione della ferita: la paziente è rimasta ricoverata fino al 29 dicembre 2010, con prescrizione di terapia antibiotica. Successivamente, poiché l’infezione non passava, la cittadina veniva ricoverata presso il reparto di ortopedia di un’altra struttura sanitaria, dove sono venivano praticate ulteriori cure al fine di ridurre l’infezione.
TRIBUNALE
La paziente pertanto citava in giudizio l’ azienda Usl T oscana sud-est, entro cui gravitava la prima struttura ospedaliera, assumendo responsabilità dei sanitari di quella struttura durante il primo ricovero, quello di novembre 2010, cioè il ricovero durante il quale è stato effettuato l'intervento chirurgico ed è stata, a dire della ricorrente,contratta l'infezione.
Il Tribunale di Grosseto disponeva la consulenza tecnica che ha esitato che non vi sarebbe stata alcuna responsabilità dei sanitari quanto al primo ricovero, quanto piuttosto ve ne sarebbe stata durante il secondo ricovero, quello del dicembre 2010, in cui si è tentato di trattare la ferita e di ridurre l'infezione.
Preso atto di tale valutazione tecnica, il Tribunale condannava l'azienda sanitaria a risarcire i danni alla paziente.
APPELLO DELL’AZIENDA SANITARIA
L’azienda sanitaria adiva la corte di appello che di fatto ha riformato la decisione.
La responsabilità della struttura sanitaria è stata affermata in relazione a fatti diversi da quelli prospettati nell'atto introduttivo: la paziente infatti aveva prospettato una responsabilità in riferimento al primo intervento, responsabilità esclusa dall’esito della CTU.
La CTU aveva ricondotto l’infezione nosocomiale al secondo ricovero, tuttavia il secondo ricovero non era stato considerato nella domanda risarcitoria.
Pertanto il giudice aveva impropriamente condannato l’azienda sanitaria in difformità alla coerenza domanda - decisione ( decisione oltre la domanda della parte attrice).
Risulta pure dall’atto di citazione che non è mai stata fatta valere responsabilità della struttura sanitaria in relazione al secondo intervento. Questa circostanza non è in realtà neanche contestata dalla ricorrente, la quale del resto, sin dall’appello, si è difesa sostenendo che la domanda di responsabilità per il secondo ricovero doveva ritenersi implicita nella domanda originaria: dunque non era esplicita, ma poteva ricavarsi per via interpretativa.
CASSAZIONE
La struttura sanitaria ha compiuto due distinti interventi: il primo a novembre 2010, quando è stato effettuato l’intervento chirurgico; il secondo a dicembre quando invece il ricovero era finalizzato a rimediare alla infezione. Il secondo intervento non può ritenersi implicito nel primo: la domanda relativa a quest’ultimo fatto non può ritenersi implicitamente compresa in quella relativa al primo. Proprio per questo motivo la Cassazione - in sintonia con i giudici di seconde cure - ha respinto l’appello del paziente.
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